“Memoria di un esodo. Istriani, fiumani e dalmati a Lucca” (autore: Guglielmo Franchi)

E_Memoria di un esodoIl volume raccoglie i ricordi di molti esuli che raggiunsero Lucca a partire dal 1947.

 

 

 

 

 

 

Prefazione di Matteo Garzella

Ricordare la storia dell’esodo istriano, giuliano e dalmata del secondo dopoguerra assume una grande importanza per la nostra città, che in quegli anni ospitò centinaia di profughi. I ricordi di coloro che vissero l’esodo e la ricostruzione di quegli avvenimenti fatta da Guglielmo Franchi aiutano tutti noi a comprendere, o meglio a cercare di comprendere, una pagina della nostra storia nazionale, e cittadina, per troppi anni caduta nell’oblio.

Sottolineo l’espressione “cercare di comprendere”, infatti chi non ha vissuto in prima persona l’esodo difficilmente può capire fino in fondo il dolore delle persone che si trovarono costrette ad abbandonare la propria terra natale, per raggiungere altre città che, seppur italiane come quelle che venivano abbandonate, sicuramente non avrebbero suscitato, nei profughi, le stesse emozioni delle terre di origine. Pola, Zara, Fiume, Rovino, Capodistria, Abbazia: per noi possono essere semplicemente nomi di città che si affacciano sul versante orientale dell’Adriatico, ma per coloro che in quelle città sono nati e hanno vissuto i primi anni di vita e dell’adolescenza, e dove riposano le spoglie dei loro avi, esse rappresentano molto di più. Emozioni che appunto non si possono comprendere completamente, ma che possono essere in parte afferrate dai ricordi contenuti in questo libro.

Tra i passaggi più significativi del libro vorrei citare quello che ricorda la vicenda di un esule istriano che “venne a Lucca pensando che ci fosse il mare”, a testimonianza dell’attaccamento a uno dei tratti caratteristici dell’Istria che veniva abbandonata, la presenza del mare appunto, che si sperava quantomeno di ritrovare nella città di destinazione.

Quella che viene raccontata è la storia di persone dotate di un “carattere tosto e determinato”che, costrette ad affrontare numerose avversità, seppero farcela, si inserirono molto bene nella nostra terra (molti di loro fra l’altro si unirono in matrimonio con cittadini lucchesi), ma dovettero, specie nei primi anni, scontrarsi anche con il pregiudizio di quanti, ad esempio, pensavano “che fossero venuti a togliere il lavoro ai locali”.

È soprattutto la storia di tanti italiani che, esercitando il diritto di opzione che gli consentiva di venire a vivere sul territorio del nuovo Stato italiano, scelsero di lasciare tutto ciò che avevano. Recentemente il Comune e la Provincia di Lucca hanno promosso un viaggio della memoria nei luoghi che furono teatro della vita delle comunità italiane in Istria, della persecuzione culminata nelle foibe di cui i componenti di queste comunità furono vittime, dell’esodo. Siamo stati a Padriciano a visitare il museo del Centro di raccolta profughi; nella grande area espositiva, uno degli elementi più toccanti riguarda le masserizie degli esuli lasciate nei depositi dei magazzini del porto di Trieste, con la promessa, purtroppo disattesa, di essere riconsegnate ai legittimi possessori. Commuovono le scritte lasciate sui mobili da parte degli esuli: nomi, città di provenienza e di destinazione riportati con la speranza di tornarne in possesso. Una speranza, fra le tante, che non poté concretizzarsi.

Il presidente del Consiglio comunale di Lucca

Matteo Garzella

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