“Death. Stati di libero arbitrio”

C_DeathÈ il catalogo della mostra sulla pena di morte realizzata dal Presidente del Consiglio comunale Matteo Garzella e allestita a Palazzo Guinigi tra dicembre 2015 e gennaio 2016.

 

 

Introduzione al catalogo della mostra Death. Stati di libero arbitrio

«Abbasso la pena di morte»

Quando si parla della pena di morte, si può pensare che si tratti di qualcosa che non ci riguarda in prima persona, di qualcosa che non fa parte della nostra cultura. In realtà anche il Ducato di Lucca prevedeva nel suo ordinamento giudiziario la pena capitale per i reati più gravi.

Leggendo la cronaca dell’ultima esecuzione capitale – avvenuta il 29 marzo 1845 sugli spalti delle Mura fuori Porta San Donato attraverso l’impiego della ghigliottina – colpisce molto da un lato la curiosità della popolazione per quello che appariva un evento al quale assistere con leggerezza, e dall’altro lato lo sdegno provocato tra gli stessi lucchesi che vollero essere presenti, una volta che si era toccata con mano la brutalità della decapitazione (C. Sardi, Esecuzioni capitali a Lucca nel XIX secolo, Lucca, 1911).

I condannati erano cinque componenti di una banda di briganti che avevano seminato il terrore, nelle settimane precedenti, nella campagna lucchese. Nelle ore che precedettero l’esecuzione, la città fu letteralmente invasa di persone giunte dal contado e dalle città vicine:

una immensa popolazione nelle ore notturne invase la città della quale in quella notte non si chiusero le porte. Non solo dalle vicine campagne ma dai territori di Pisa e di Pescia veniva gente a piedi ed in vettura ed era un continuo passaggio di barrocci e di bagattelli per i quali facevan difetto le scuderie e li stallaggi. Si empirono gli alberghi, i caffè e le trattorie, le strade formicolavano di gente curiosa ed eccitata dalla fatale aspettativa di quel tremendo spettacolo.

Tutto si risolse in pochi minuti:

in 10 minuti cinque corpi precipitarono sotto il palco e cinque teste si depositarono nel paniere mentre nel castello di Porta S. Donato un Cancelliere del Tribunale scriveva l’atto formale della esecuzione avvenuta. Tra la folla fu grave lo scompiglio per convulsioni e svenimenti. Poi quella massa incosciente si diradò e si squagliò.

Due anni più tardi, l’11 ottobre 1847, fu la stessa popolazione lucchese che decise di requisire la ghigliottina e di distruggerla, decretando in quel modo l’abolizione della pena di morte che veniva estesa anche a Lucca, una volta che la città fu annessa al Granducato di Toscana:

Al grido popolare «abbasso la pena di morte» un altro ne seguì «fuori la guigliottina». A quella parola d’ordine la massa dei dimostranti si precipita verso le carceri di S. Giorgio ed esige tumultuando la consegna della ghigliottina e del palco. Sulla piazza si fa un monte di tutti i materiali e a furia di popolo travi e travacci e scale ed armamenti e attrezzi d’ogni sorta son trascinati fuor delle mura dalla porta S. Donato e ammucchiati sullo spalto; poi si appicca il fuoco. Mentre il fumo e le fiamme di quella pira si allungano verso il cielo il popolo grida ed applaude e le campane di S. Anna suonano a storno. Dirigeva quelle operazioni D. Alisio Giambastiani, un tipo di prete assai strano […]

Quando l’incendio fu terminato si notò che c’era rimasto ciò che le fiamme non potevano consumare, cioè la lama metallica della mannaja che aveva commesso le colpe peggiori. Era impossibile mandarla in pezzi li sul tamburo ma il Giambastiani gridò che ne prendeva consegna in nome del popolo e ne avrebbe curato la distruzione. Alle sue parole risposero gli applausi e rientrò in città con la mannaja sotto il braccio mentre sullo spalto fumavano gli ultimi bruciaticci del palco.

Nei giorni che seguirono il prete Giambastiani andò con alcuni amici a Viareggio portando seco la lama della ghigliottina. Noleggiata una barca prese il largo e gittò quella lama negli abissi del mare.

Questo racconto deve farci riflettere sul fatto che il tema della pena di morte riguarda anche noi, sia perché fa parte del nostro passato sia perché la pena capitale è ancora ampiamente utilizzata nel mondo. L’approccio emozionale di molti cittadini, così come descritto qui sopra, non è molto lontano dal modo in cui molti trattano il tema della pena di morte, ritenendolo – forse senza troppo riflettere sulle reali implicazioni di un suo impiego – un metodo ammissibile con il quale l’autorità costituita può punire i cittadini. Il solo fatto che la nostra Costituzione ripudi la pena di morte non ci autorizza ad ignorare tele tema. Ringrazio pertanto gli artisti che hanno offerto le loro opere e il gruppo 201 Lucca di Amnesty International per aver collaborato all’allestimento di questa importante mostra, con la quale si intende lanciare una denuncia alle violazioni dei diritti umani. Spero che anche questa iniziativa, che si inserisce in una serie di altre iniziative sullo stesso tema promosse dalla Presidenza del Consiglio comunale di Lucca, possa far capire ai visitatori – tra i quali mi auguro saranno molti gli studenti delle nostre scuole – la disumanità di privare della vita altri esseri umani.

Il presidente del Consiglio comunale

Matteo Garzella

 

Share This