Buonasera,

innanzitutto mi preme ringraziare tutti voi, attuali amministratori, ex sindaci, ex presidenti del Consiglio, ex consiglieri comunali, autorità, dipendenti comunali e cittadini, per essere intervenuti questa sera alla celebrazione del 150° anniversario dell’insediamento del primo Consiglio comunale della Città di Lucca. Un saluto particolare intendo rivolgerlo ai familiari dei sindaci scomparsi che hanno accolto il mio invito a partecipare a questo evento.

Il 3 agosto 1865 alle ore 11 del mattino veniva celebrata la prima seduta straordinaria del Consiglio comunale, eletto nelle consultazioni del 15 luglio, alla presenza di 42 su 60 consiglieri assegnati. Presiedeva la seduta Raffaele Lombardi, il consigliere più anziano d’età. Prima di quella data nella nostra città le questioni di carattere pubblico venivano dibattute all’interno di un Consiglio generale – che veniva nominato attraverso un complesso sistema di sorteggio, elezione e cooptazione – cui erano affiancati un Gonfaloniere e un Magistrato dei priori, organi istituiti nel 1849, dopo due anni dall’ingresso del Ducato di Lucca nel Granducato di Toscana.

Nel 1865 il Consiglio svolgeva le proprie adunanze in un’aula posta al primo piano di Palazzo Santini, già sede del Consiglio generale nel periodo granducale. Con l’elezione del primo Consiglio comunale, e il conseguente aumento dei seggi, divenne indispensabile realizzare una nuova e più ampia aula al secondo piano, dove anche oggi ci troviamo. I lavori per la sua realizzazione iniziarono proprio nel 1865 e furono completati nel giro di due anni.

Questa aula deve essere percepita dalla collettività come la casa di tutti i lucchesi. È un luogo simbolico, dotato di una propria sacralità civica, in quanto, essendo sede del Consiglio, è il luogo nel quale ieri come oggi si discute dei problemi collettivi, delle questioni che riguardano l’intera comunità. Mi piace soffermarmi su questo aspetto ogni qual volta accolgo in questa sala consiliare le scolaresche che ci fanno visita, proprio per far comprendere loro l’importanza del luogo nel quale entrano. In questa aula si confrontano oggi, così come avveniva nel passato, coloro che hanno ricevuto dagli elettori l’onore di occuparsi della cosa pubblica.

Questa aula è stata il teatro di pagine determinanti per la nostra storia cittadina, qui si sono succeduti quasi mille consiglieri comunali, qui si sono consumate fratture istituzionali, qui nell’ottocento i nostri concittadini di allora, in un clima di forte contrapposizione tra liberali e clericali, hanno in alcune occasioni contestato i lavori dell’assemblea, qui si sono manifestati, per bocca degli amministratori, i sentimenti di un’intera comunità legate a vicende di carattere nazionale, come recentemente ho ricordato per quanto riguarda l’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra, quando fu addirittura interrotta una seduta consiliare per manifestare con un gesto tangibile l’adesione del Consiglio al diffuso sentimento patriottico favorevole all’intervento militare al fianco delle potenze dell’Intesa.

In questa aula, per volere del Consiglio comunale, è stata consegnata la cittadinanza onoraria, la massima onorificenza che il Comune assegna per particolari motivazioni a cittadini non lucchesi, a Giovanni Pascoli, Giosuè Carducci, Giuseppe Ungaretti, Giovanni Gronchi, Mario Tobino, per citarne alcuni, ma anche a Carlo Scorza e a Benito Mussolini, ed è bene ricordarlo perché la storia cittadina deve essere riscoperta senza omissioni in modo che si rifletta anche sulle pagine amare che l’hanno caratterizzata.

Questa aula il 17 febbraio 1923 fu occupata dai fascisti locali per costringere l’amministrazione a guida popolare alle dimissioni, che di fatto vennero consegnate pochi giorni dopo, e da questa aula il 1° gennaio 1927, in occasione dell’insediamento del primo podestà di Lucca, furono rimossi i banchi dei consiglieri comunali, in modo da simboleggiare la fine della rappresentanza democratica nella nostra città. Il fascismo contestava infatti i principi cardine della democrazia rappresentativa, su cui si reggeva l’elezione del Consiglio comunale, definendo l’«elettoralismo come […] un vecchio e dannoso motivo di affarismi democratici e di turlupinature schedaiole».

Questa aula fu finalmente riconsegnata alla comunità cittadina il 24 aprile 1946 quando fu celebrata, in una commozione generale, la prima seduta consiliare dopo venti anni.

L’introduzione delle assemblee elettive cittadine fu decretata il 20 marzo 1865 con l’approvazione della legge sull’unificazione amministrativa del Regno d’Italia. Una grande innovazione che portò a compimento l’unificazione dello Stato italiano dando a tutti i territori redenti medesime istituzioni amministrative.

Fu un evento quindi che coinvolse tutto il Paese, ma come è costume di noi lucchesi in qualche maniera anche allora ci distinguemmo. Infatti se oggi ci troviamo a celebrare l’anniversario del Consiglio comunale in un mese per noi insolito per svolgere iniziative pubbliche, quando generalmente l’attività consiliare è sospesa, ciò non è dovuto solo al fatto che nell’ottocento probabilmente le ferie estive non erano diffuse come ai nostri giorni, ma anche perché le prime elezioni che si tennero il 21 giugno 1865 furono annullate per irregolarità riscontrate in una sezione elettorale e vennero ripetute il 15 luglio. Solo dopo questa seconda chiamata alle urne fu possibile finalmente ufficializzare la lista dei componenti il primo Consiglio, e celebrare, la seduta di insediamento, che quindi si svolse con qualche settimana di ritardo rispetto al disegno iniziale.

È con una certa emozione che questa sera coordino i lavori di questa inedita assemblea composta, non solo dagli attuali consiglieri, ma anche da coloro che consiglieri sono stati nei decenni passati. Un’iniziativa alla quale pensai il 17 marzo 2011 quando da consigliere comunale presi parte al consiglio celebrativo dell’Unità d’Italia. è in quella circostanza che immaginai, per la prima volta, che sarebbe stato molto significativo ricordare l’inizio dei lavori del Consiglio comunale, sia per questioni legate alla valorizzazione della nostra assemblea che in un così ampio lasso di tempo ha saputo scrivere pagine significative della storia locale, sia per chiudere idealmente quelle celebrazioni incentrate intorno alla fondazione dello stato nazionale italiano.

In questo secolo e mezzo le competenze e il funzionamento del Consiglio comunale sono mutate notevolmente, ma esso resta la principale assise all’interno della quale vengono assunte decisioni strategiche per lo sviluppo del territorio e per le persone che su di esso vivono o lavorano. Non dobbiamo mai dimenticare questo aspetto per sviluppare al massimo le potenzialità dell’assemblea, condividendo, certo, le responsabilità con gli organi esecutivi, ma senza decadere nel ruolo di persone che semplicemente ratificano scelte assunte in altre sedi. Così come non dobbiamo mai dimenticare che i consiglieri sono scelti direttamente dai cittadini e, quali loro rappresentanti, devono svolgere l’importante incarico ad essi assegnato con estrema serietà nell’interesse generale della comunità cittadina.

Spesso di parla di centralità del Consiglio, e nel ruolo di presidente rivendico con forza i fondamentali ruoli di indirizzo e di controllo politico-amministrativo che competono all’assemblea cittadina. Molti dei presenti hanno avuto il potere di eleggere, nel periodo in cui sono stati consiglieri, il sindaco e i componenti la giunta, membri essi stessi del Consiglio. Oggi noi non abbiamo più questa importante competenza, ma ciò non toglie, lo ripeto, che l’ordinamento affida all’assemblea la facoltà di decretare l’approvazione dei principali atti dell’amministrazione.

L’iniziativa di questa sera rientra in un più complesso programma volto a valorizzare il Consiglio, e avvicinare lo stesso alla cittadinanza, che sto portando avanti da quando nel giugno 2012 ho ricevuto dai colleghi consiglieri l’onore di ricoprire la seconda carica amministrativa del Comune. Già l’anno scorso ho promosso l’istituzione della ricorrenza del 3 agosto da celebrare annualmente, proprio per affermare con determinazione l’importanza dell’organo consiliare per la comunità lucchese. Non tanto una festa quanto, piuttosto, un’occasione per favorire una riflessione sulle peculiarità del ruolo assegnato oggi al Consiglio, ricordando chiaramente la lunga storia politico-amministrativa che ci ha preceduto.

È evidente che nel momento storico nel quale viviamo la democrazia rappresentativa, di cui il Consiglio, e più in generale le assemblee elettive ai vari livelli, è il principale istituto, stia attraversando un momento non proprio positivo. Spetta a coloro che sono stati eletti riflettere sulle critiche che giungono dalla società e saper rinnovare i nostri organi, introducendo nuovi contenuti e nuove modalità di relazione, sia all’esterno dell’istituzione tra il Consiglio stesso e i cittadini, sia all’interno del Consiglio fra le sue diverse componenti.

Sul primo aspetto c’è da dire che certamente noi abbiamo ricevuto un mandato dai nostri concittadini, un mandato fra l’altro non imperativo, per cui i rappresentanti eletti conservano un certo grado di discrezionalità nel prendere le proprie decisioni in assenza di un rigoroso legame con la volontà dell’elettorato. Ma è altrettanto vero che la procedura elettiva possa essere integrata proficuamente, senza sostituirla, con forme di maggiore coinvolgimento dei cittadini. Questi ultimi non possono essere chiamati in causa solo ogni cinque anni, quando debbono essere rinnovati gli organi politici del Comune. Sarebbe importante che il Consiglio attivasse, e in parte lo stiamo facendo, innovative forme di partecipazione con i cittadini, attribuendo alla parola partecipazione il significato di “concorso nella formulazione delle decisioni tipicamente riservate ai soli eletti”. Non significa questo che i rappresentanti del popolo debbano cessare di compiere le scelte per le quali sono stati eletti, quanto piuttosto rendere partecipi i cittadini di tali decisioni, dando loro l’opportunità di interagire con gli amministratori prima che il processo decisionale da cui scaturiscono le politiche pubbliche sia concluso.

Al tempo stesso è necessario che i cittadini riconoscano nei consiglieri degli alleati e non degli antagonisti. Devono percepire il Consiglio comunale come un organo del quale in qualche maniera essi stessi fanno parte. Non direttamente, è chiaro, ma attraverso i consiglieri da essi scelti nelle elezioni. La rappresentanza democratica prevede che i cittadini deleghino altri ad occuparsi della cosa pubblica, un’attività non semplice, che viene condotta in nome e per conto dell’intera popolazione. Insomma, i consiglieri comunali sono uomini e donne che, prima di tutto, svolgono un servizio per la propria comunità, e spesso sacrificano la sfera degli affetti privati, e proprio per questo sarebbe necessario che avessero il supporto costante e costruttivo dei cittadini.

Dall’altra parte, noi che facciamo parte del Consiglio, dobbiamo lavorare affinché siano superate forme stereotipate di interazione tra i componenti l’assemblea. I cittadini decretano con i loro suffragi chi deve sedere sui banchi della maggioranza e chi su quelli dell’opposizione, ed è legittimo che tali ruoli siano chiaramente individuati. È altrettanto vero però, dal mio punto di vista, che le divergenze di veduta siano da considerarsi una ricchezza, un principio fondamentale della democrazia. Se questa ricchezza fosse messa a frutto permetterebbe in molte circostanze di prendere scelte migliori, in quanto i problemi collettivi, ai quali le politiche pubbliche intendono dare risposta concreta, possono assumere connotati diversi, a volte inimmaginabili, se analizzati da prospettive diverse.

Un aspetto cui tutti coloro che siedono in un Consiglio devono contrastare è quello di ridurre i dibattiti consiliari, che dovrebbero essere l’elemento più importante dell’attività d’aula e non il voto finale che decreta l’approvazione o meno di una proposta, a dialoghi infruttuosi ai quali i vari partecipanti che intervengono non accettano di ritenere sensate, non dico migliori ma quanto meno valide, le visioni altrui. Un vero servizio per la comunità, credo, sarebbe reso se ci si ascoltasse maggiormente, ammettendo almeno la possibilità che la prospettiva altrui possa essere meritevole di qualche attenzione.

Se è vero che la democrazia rappresentativa è in crisi, dal mio punto di vista, ciò è la conseguenza del fatto che nel corso degli ultimi decenni la stessa democrazia rappresentativa non ha saputo rinnovarsi adeguatamente. Aprendo, in questo modo, le porte alla deriva dell’antipolitica. Una deriva in quanto il populismo non porta alcun contributo alla rigenerazione della nostra società.

Ora, celebrare l’anniversario del Consiglio comunale ha senso solo se può aiutare la collettività e tutti i soggetti coinvolti a ragionare in termini costruttivi sulle strategie adeguate per rilanciare le nostre istituzioni. A partire da stasera vorrei che si avviasse una seria riflessione su questi aspetti.

Sono molte le persone che devo ringraziare per la riuscita di questo importante evento. E lo farò più avanti nel corso della serata. Mi preme però rivolgere da subito il mio più sincero ringraziamento alle persone che lavorano nell’ufficio della Presidenza del Consiglio che in queste ultime settimane si sono veramente prodigate affiancandomi nel curare ogni minimo aspetto organizzativo. Un ringraziamento anche al grafico del Comune che ha realizzato la bella locandina delle celebrazioni, all’ufficio anagrafe che ci ha permesso di reperire gli indirizzi di oltre duecento ex amministratori per contattarli, al personale del centro unico acquisti che ha fatto i salti mortali per espletare le procedure relative all’affidamento dell’incarico per la realizzazione dell’Albo, all’ufficio per le relazioni con il pubblico che ha curato la pubblicazione sul sito del Comune della locandina amplificando la comunicazione riguardante questo evento. Ringrazio anche tutte le persone che collaborano affinché ogni seduta del Consiglio comunale possa svolgersi, oltre a quelle già menzionate del mio ufficio, a coloro che curando le strumentazioni audio e video, al personale addetto alla portineria e al servizio di sala, ai vigili urbani che presenziano ad ogni seduta.

Vorrei anche ringraziare, senza piaggerie, gli operatori della stampa locale che nelle ultime settimane hanno dato ampio risalto sulle proprie testate alla celebrazione di questa sera. Anche loro mi piace considerarli come dei fondamentali alleati della politica, in quanto fanno conoscere alla cittadinanza quello che facciamo in questa aula. Fra l’altro anche stasera ci è stata assicurata la diretta streaming e radiofonica.

Così come mi preme ringraziare Alessandro Sesti per la divertente vignetta di stamani, che anch’essa è servita ad amplificare la comunicazione intorno a questo evento. Fra l’altro un progetto che ho sostenuto con determinazione in questi tre anni ha avuto l’obiettivo di comunicare l’attività del Consiglio attraverso la satira, ritenendo quest’ultima una potente forma di espressione che concorre a portare fuori da Palazzo Santini le decisioni che il Consiglio assume.

Sono molto soddisfatto, infine, che stasera un’altra componente essenziale del Comune, oltre a quella degli amministratori, sia rappresentata: quella dei dipendenti. Nei giorni scorsi ho ad essi trasmesso l’invito a prendere parte alla celebrazione in quanto se è vero che i consiglieri comunali prendono decisioni per l’intera comunità, è anche vero che senza l’impegno e la professionalità degli addetti agli uffici comunali tali decisioni non potrebbero essere rese esecutive.

Grazie di nuovo a tutti voi per aver voluto essere presenti a questa celebrazione.

Il presidente del Consiglio comunale

Matteo Garzella

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