Garzella: terremoto nel Centro Italia, solidarietà dai consigli comunali della Toscana


“L’unione fa la forza, e di fronte a tragedie come quella che ha colpito le popolazioni del Centro Italia, le istituzioni locali devono fare fronte comune. La mia proposta è quella di un’iniziativa coordinata tra tutti i consigli comunali della Toscana per portare un aiuto concreto alle persone che vivono nei territori devastati dal terremoto. Questi, in sintesi, sono i contenuti della lettera che ho indirizzato
a Eugenio Giani, il presidente del Consiglio regionale della Toscana, essendo una prerogativa del ruolo che ricopre quella di curare i rapporti con le istituzioni locali.”

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Al presidente del Consiglio regionale
Eugenio Giani

Lucca, 1° settembre 2016

Egr. presidente, caro Eugenio,
questi sono giorni di dolore per il terribile terremoto che ha colpito l’Italia centrale. Ti scrivo in quanto, essendo tu il presidente dell’assemblea elettiva toscana, hai l’autorevolezza per farti carico di un’azione collegiale che coinvolga tutti i consigli comunali della Toscana.
La mia proposta, nell’ottica di testimoniare la vicinanza e la solidarietà della nostra comunità regionale alle popolazioni colpite dalla calamità, è quella di promuovere una raccolta fondi che coinvolga in maniera unitaria tutti gli amministratori dei comuni toscani. Di fronte a tragedie di questa portata sono convinto dell’utilità di ogni azione portata avanti singolarmente per aiutare le famiglie che hanno subito perdite così grandi; al tempo stesso però ritengo che ci sia bisogno di un gesto simbolico e al tempo stesso concreto coordinato tra tutti gli amministratori locali.
Consapevole della tua sensibilità e della tua grande generosità, ti propongo pertanto di chiedere a tutti i consigli comunali della regione di devolvere i gettoni di presenza della prima seduta consiliare utile in favore delle popolazioni colpite dal sisma.
Un caro saluto.
Il presidente del Consiglio comunale

Matteo Garzella

Conferimento della Cittadinanza onoraria a Mario Andretti

Buonasera a tutti gli intervenuti,

quella di stasera non è una seduta consiliare come le altre. Celebriamo il ritorno a Lucca di Mario Andretti attraverso il conferimento della cittadinanza onoraria della città, la massima onorificenza del Comune. È veramente lunghissimo l’elenco dei premi che Andretti ha ottenuto nella sua carriera, ma, e lo dico senza nulla togliere chiaramente agli straordinari successi da lui conseguiti in cinquant’anni di attività sportiva, la cittadinanza onoraria rappresenta qualcosa di diverso, qualcosa di unico. Intanto viene assegnata non frequentemente: comporta una decisione che deve essere ben ponderata e che deve essere supportata da un ampio consenso dell’assemblea cittadina. Poi, ed è l’aspetto principale, rappresenta un gesto di amicizia e di stima verso una persona che non fa parte della comunità cittadina, perché vive altrove, ma che si vuole accogliere, seppur simbolicamente, tra i suoi appartenenti. L’ingresso nella comunità cittadina, in questo caso, viene decretato da tutta la città, per il tramite del Consiglio comunale, i cui componenti rappresentano la volontà dell’intera collettività. Ottenere la cittadinanza onoraria non comporta arrivare primi in una competizione, significa aver dimostrato nella vita particolari meriti, per i quali la città rende omaggio alla persona insignita dell’onorificenza ed è un po’ come se l’insieme dei cittadini del Comune, rivolgendosi in questo caso a Mario Andretti, dicesse: «Sei dei nostri, ti vogliamo con noi».

È bello pensare che una persona che è stata accolta nella nostra città come profugo nel 1948, dopo quasi settanta anni torni a Lucca e venga ricevuto con i massimi onori, nell’aula consiliare dove i rappresentanti dei cittadini lucchesi assumono le principali scelte per la comunità.

Proprio da questo banco, oggi assegnato al presidente del Consiglio comunale, il 3 marzo 1947, un mese dopo la sottoscrizione della Pace di Parigi con la quale l’Istria, Fiume e Zara, i territori del confine orientale italiano, da secoli popolati da italiani, e annessi al Regno d’Italia dopo la fine della prima guerra mondiale, venivano ceduti alla Jugoslavia, il sindaco Ferdinando Martini relazionava all’assemblea circa la situazione dei primi esuli giunti a Lucca. Si trattava allora, come indicato dal sindaco del tempo, di «272 persone provenienti da Pola e da altre zone della Venezia Giulia». Martini certo non poteva ancora sapere che altre 1.000 persone sarebbero state accolte nella nostra città nei mesi e negli anni successivi, provenienti da tutti i territori italiani ceduti. Egli afferma, nella seduta del 1947,

come sia necessario mettere a disposizione di questi nostri fratelli, così duramente provati dalla sventura, degli alloggi adatti ad accogliere intere famiglie ed evitare che abbiano a continuare a vivere una vita in comune in ambienti capaci di raccogliere più e più persone di differente età, sesso e condizioni spesse volte anche fra loro sconosciute con evidentissimo scapito dell’igiene, della morale e della quieta e tranquillità familiare.

Oggi, come ho detto in apertura di questo intervento, proprio nel settore dell’emiciclo dal quale il sindaco Martini pronunciava questo discorso, siede uno di quei profughi per riceve la cittadinanza onoraria. Mario Andretti diviene cittadino di Lucca, o meglio, torna a essere un cittadino di Lucca, perché nella nostra città ha vissuto buona parte della sua infanzia. È una storia affascinante la sua. È la storia di un grande sogno che si riesce a realizzare, nonostante la difficile situazione di partenza. Io immagino la storia di Mario come un libro suddiviso in tre capitoli che hanno come filo conduttore il sogno di un bambino, che si materializza attraverso tanta caparbietà e passione profuse dal protagonista di questa storia. Bene, Lucca è il secondo capitolo della vita di Mario, dopo il primo di Montona dove ha trascorso gli anni della prima infanzia dalla nascita, nel 1940, al giorno della partenza per raggiungere la nostra città, nel 1948.

Mi piace pensare, ed è un onore per tutta la città, che proprio a Lucca Mario Andretti abbia iniziato a coltivare la sua più grande passione, quella per i motori e per le corse automobilistiche, quando, da bambino, gareggiava in particolari competizioni sperimentando l’ebbrezza della velocità, insieme con altri piccoli ospiti del campo di raccolta profughi allestito nei locali dell’ex Real Collegio. Il teatro di queste gare non era ancora quello di Indianapolis, o quelli di Daytona, di Sebring, di Monza, di Zolder, di Montecarlo. Allora la sua vettura non era ancora una Lotus, una Ferrari o un’Alfa Romeo. Il suo circuito era la discesa delle Mura urbane dietro al basilica di San Frediano e la sua monoposto era un piccolo carretto di legno con quattro cuscinetti a sfera al posto delle ruote e una cordicella per volano. Il gioco consisteva nel lanciarsi a tutta velocità dall’alto delle Mura e scendere quella discesa per vedere chi arrivava primo al traguardo, collocato all’altezza del campanile di San Frediano.

All’epoca non era ancora il campione pluridecorato di Formula Indy e di Formula Uno che ha fatto scaldare i cuori di tre generazioni di appassionati del motorsport. Allora era semplicemente il piccolo Mario che sognava di eguagliare i suoi miti Manuel Fangio e, soprattutto, Alberto Ascari. E i sogni sono la cosa più bella che un bambino possa avere. I sogni poi consentono di mettere da parte il dolore e le ristrettezze derivate dall’aver dovuto abbandonare la propria terra, la propria casa, i propri amici, i propri parenti. I sogni danno la possibilità di estraniarsi, anche se per alcuni istanti, da una dura realtà caratterizzata ad esempio dal vivere nelle grandi stanze del Real Collegio in cui i nuclei familiari sono separati li uni dagli altri alla meglio, condividendo i servizi igienici, gli spazi per il tempo libero, e dove si fanno lunghe code in attesa di ricevere un pasto caldo. Ma a volte i sogni si realizzano ed è il caso di Mario Andretti. E sempre a Lucca inizia, negli anni, a prendere dimestichezza con i motori, frequentando l’istituto professionale “Giorgi” e andando a curiosare nell’officina Andreini in via della Cavallerizza e nell’autorimessa Biagini Seggiolini di piazza del Collegio.

Le sofferenze e le privazioni, l’impossibilità di mettere da parte i tristi ricordi delle persecuzioni subite dalla comunità italiana dei territori del confine orientale, gli incubi legati all’ombra delle foibe, sono tutti stati d’animo che Mario condivide con gli altri circa 1.200 esuli che raggiungono Lucca a partire dal 1947, così come i sogni e le speranze di una vita migliore. Ecco, insieme alla straordinaria storia di Mario Andretti, oggi vorrei ricordare le tante storie, piccole o grandi che siano, di uomini e donne, bambini e anziani che un giorno all’improvviso si trovarono a vivere in uno stato straniero e, sia per amore nei confronti dell’Italia, la propria patria e la patria dei loro antenati, sia per paura che le violenze di massa subite dalle comunità italiane a partire dall’occupazione delle loro terre da parte delle forze di Tito potessero continuare anche dopo la conclusione della guerra, decisero di lasciare tutto ciò che avevano, di esercitare il diritto d’opzione che gli consentiva di venire a vivere nel territorio dello stato italiano, di partire per una meta sconosciuta. Ma sempre nella speranza che i loro sogni potessero realizzarsi.

Inserirsi in un contesto cittadino come quello di Lucca, duramente provato dal lungo conflitto bellico, in cui i lucchesi cercano di risollevarsi con molta difficoltà, non doveva essere semplice. Qui gli esuli che arrivano trovano tanta miseria, tante persone che come loro hanno necessità urgenti come reperire un alloggio, trovare qualcosa da mangiare, cercare un lavoro per provvedere al sostentamento della propria famiglia. Ma con determinazione ed estrema dignità i componenti la comunità degli esuli seppero integrarsi perfettamente.

Anche papà Gigi e mamma Rina, i genitori di Mario, hanno un sogno, che è comune a tutti i genitori: quello di garantire un futuro sereno per i propri figli. Ma il lavoro manca. E proprio cercando di mettere in pratica il loro sogno, non esitano a partire di nuovo per un’altra destinazione. È il 1955, e dopo sette anni da lucchesi, Mario e la sua famiglia partono alla volta degli Stati Uniti. Inizia un nuovo capitolo della sua vita. Il terzo dopo gli anni trascorsi a Montona e quelli a Lucca. Giunto in Pennsylvania, nella cittadina di Nazareth, comincia a diventare realtà quello che fino a quel momento era stato semplicemente il sogno di un bambino. Da lì a poco inizia a correre insieme al fratello gemello Aldo in gare locali a bordo di una vettura da loro stessi elaborata. Negli anni ’60 arrivano i primi prestigiosi successi nella classe Prototipi e in Formula Indy, vince leggendarie corse come la Indianapolis 500, la Daytona 500 e la 12 Ore di Sebring, e ottiene il titolo nazionale di Indy Car per ben tre volte.

Quando Mario torna a Lucca per la prima volta nel 1966, dopo aver disputato la 24 Ore di Le Mans, è già un campione affermato a livello internazionale. A Lucca rivede tanti amici con cui ha condiviso gli anni di permanenza nel campo profughi del Real Collegio, tanti esuli che come lui ce l’hanno fatta a rialzarsi, si sono fatti una famiglia, hanno un lavoro.

Altri importanti traguardi lo attendono vittorioso. Nel 1968 esordisce in Formula Uno e nel 1970 ottiene il suo primo podio al gran premio di Spagna classificandosi al terzo posto. Ma la vera consacrazione arriva quando approda alla scuderia Lotus. È il 1976 e in quell’anno vince il suo primo gran premio in Giappone e l’anno successivo quelli degli Stati Uniti, di Spagna, di Francia e d’Italia. E poi arriva il 1978. Guida una monoposto potentissima, la Lotus 79, con la quale si laurea campione del mondo di Formula Uno a Monza, dopo aver vinto i gran premi di Argentina, Belgio, Spagna, Francia, Germania e Olanda. Con questo successo diviene il primo pilota della storia ad aver vinto sia il campionato di Formula Indy che quello di Formula Uno.

Ma non si ferma qui. Continua a correre fino al 2000 ottenendo ancora prestigiosi successi. Nel 1984 vince per la quarta volta il titolo di Formula Indy e, quando nel 1993 arriva primo al traguardo della Phoenix 200, all’età di 53 anni diviene il più anziano pilota a vincere una gara di Formula Indy.

Ciascuno dei tre capitoli della sua storia è stato determinante per il conferimento della cittadinanza onoraria. Che viene assegnata tanto al campione automobilistico, capace di imprese leggendarie e per molti aspetti tutt’oggi ancora ineguagliate, quanto all’esule istriano che è riuscito a superare le difficoltà affermandosi nella vita. Mario Andretti, infatti, come si legge nelle motivazioni della pergamena che dopo gli verrà consegnata: “con i suoi successi in campo sportivo, è divenuto il simbolo del riscatto della comunità degli esuli istriani, fiumani e dalmati accolti a Lucca a partire dal 1947, i cui appartenenti, affrontando innumerevoli difficoltà, seppero costruirsi una nuova vita inserendosi perfettamente nel tessuto cittadino”.

La cittadinanza onoraria ad Andretti deve quindi essere interpretata simbolicamente come un riconoscimento a tutti i 1.239 esuli che superando sofferenze e privazioni, riuscirono con determinazione a rifarsi una nuova vita nella nostra città. e ancor più significativo è il fatto che la cerimonia di questa sera avvenga alla vigilia delle celebrazioni del Giorno del Ricordo istituito nel 2004 al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani che furono vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Un Giorno del Ricordo particolarmente significativo quello di quest’anno, e colgo l’occasione di invitare tutti voi alla celebrazione di domani che si svolgerà a partire dalle 16,30 al Real Collegio, in quanto con la presenza di Mario Andretti che effettuerà l’intervento principale, ma anche attraverso l’intervento musicale di Simone Soldati, uno dei pianisti lucchesi maggiormente affermato e anche lui figlio di esuli istriani, dedicheremo la celebrazione alla speranza che deve sempre essere presente in ogni situazione difficile e dolorosa, la dimostrazione che i sogni servono, hanno un grande valore e che se si coltivano con passione ed entusiasmo spesso si realizzano. Anche se i presupposti potrebbero far pensare l’opposto.

È stata una storia, quella dell’esodo istriano, fiumano e dalmata, per troppi anni colpevolmente taciuta. E per molti aspetti ancora oggi non del tutto conosciuta dalla generalità della popolazione. Se da un lato questo è un altro indicatore di come così tante persone giunte nella nostra città si siano integrate egregiamente nel contesto cittadino pur rimanendo orgogliose delle loro origini, rimboccandosi le maniche e affrontando con dignità la nuova situazione nella quale si trovavano a vivere, dall’altro lato questa non totale conoscenza della loro esperienza di vita non può che rattristarci. La presenza di una leggenda dello sport come Mario in questi giorni a Lucca, è anche un modo per avvicinare semplici appassionati di automobilismo alla storia degli esuli. Lo ringrazio quindi per aver risposto positivamente al mio invito a venire a Lucca, appositamente per ricevere la cittadinanza onoraria e presenziare alla celebrazione del Giorno del Ricordo.

Apro quindi ufficialmente la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria a Mario Andretti.

Un ringraziamento a tutti voi per essere intervenuti numerosi in questa seduta straordinaria del Consiglio comunale.

Il presidente del Consiglio comunale

Matteo Garzella

Cerimonia di conferimento della prima edizione del Premio “Dino Rapondi”

Buonasera,

oggi ricorre l’anniversario degli attentati terroristici avvenuti negli Stati Uniti d’America l’11 settembre 2001. Come tutti ricordano furono dirottati quattro voli, due dei quali si schiantano contro le Torri Gemelle a New York, causandone il collasso. Il terzo colpì il Pentagono e il quarto fu lanciato contro il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington, ma si schiantò in un campo in Pennsylvania. In quella triste giornata che cambiò il corso della storia, persero la vita 2.974 persone. Prima di dare inizio alla cerimonia di consegna del Premio “Dino Rapondi”, chiedo a tutti i presenti di alzarsi in piedi e osservare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime.

è con grande soddisfazione che accolgo tutti voi nella sala consiliare, il luogo nel quale si svolgono le sedute del Consiglio comunale di Lucca, la massima istituzione cittadina. La soddisfazione nasce dal fatto che stasera viene celebrata la cerimonia di assegnazione della prima edizione del Premio “Dino Rapondi”, un riconoscimento per i nostri concittadini emigrati all’estero dove si sono distintiti in qualità di amministratori pubblici. Un premio che ho voluto istituire con determinazione per omaggiare quanti tengono alto il nome della nostra città facendo quello che noi, amministratori del Comune di Lucca, facciamo a livello cittadino, occupandosi cioè dei problemi che riguardano le proprie comunità di riferimento.

Non è un caso dunque che ci troviamo in questa sala. Non poteva esserci luogo migliore che questo per ringraziare i lucchesi che si sono distinti nelle istituzioni democratiche all’estero: qui infatti oggi come nei decenni passati – fra l’altro il 3 agosto scorso abbiamo festeggiato i 150 anni dall’istituzione del Consiglio comunale di Lucca – si prendono decisioni fondamentali per lo sviluppo del territorio e per la vita delle persone che su di esso vivono o lavorano. Decisioni che i consiglieri comunali assumono in nome e per conto dell’intera cittadinanza. Il messaggio che voglio lanciare con il Premio “Dino Rapondi” è anche quello, infatti, di valorizzare e di favorire una seria riflessione sulla democrazia rappresentativa che poggia su un particolare principio: gli amministratori pubblici, sia che si parli di consiglieri comunali, sindaci, parlamentari, hanno il compito di governare la propria comunità in quanto designati dai cittadini attraverso elezioni che si svolgono a intervalli regolari.

Personalmente mi sento onorato di essere stato eletto consigliere comunale, e successivamente presidente del Consiglio, proprio perché non sono stato scelto da una persona in particolare ma perché la mia elezione è stata determinata dal suffragio di tanti miei concittadini che tutti insieme mi hanno investito di questo importante compito. Riflettendo su questo concetto, ho immaginato che ancor più di me dovevano sentirsi onorate quelle persone che emigrate da Lucca in terre lontane, o discendenti di altri che avevano un giorno lasciato la nostra città in cerca di lavoro, si sono trovate a ricoprire incarichi di carattere pubblico nelle istituzioni dei paesi di adozione, in ragione della fiducia dimostratagli da tanti cittadini, che tutto sommato potevano guardare non benevolmente la loro candidatura per il solo fatto di essere immigrati nelle loro terre. Insomma l’elezione in questo caso è un indicatore di una straordinaria integrazione degli emigranti lucchesi divenuti amministratori pubblici. Essersi conquistati la stima, il rispetto, la fiducia e il consenso delle popolazioni di cui sono divenuti parte, è sicuramente stato un prerequisito alla loro elezione.

Del resto anche Dino Rapondi, cui il premio è intitolato, come dopo ci spiegherà Paolo Bottari, prima di divenire ministro delle finanze dei duchi di Borgogna ha saputo dimostrasi persona meritevole di tale compito, divenendo una persona di cui ci si poteva fidare, una persona che meritava e che aveva le carte in regola per occuparsi della cosa pubblica. Indipendentemente dal luogo nel quale era nato.

Oggi ci troviamo a celebrare la consegna di questa onorificenza in un momento storico nel quale l’Italia, oltre che tutta Europa, si trova ad affrontare la questione delle migliaia di migranti che, provenienti dal continente africano, cercano una nuova vita nel nostro paese. E in queste settimane è molto acceso il dibattito intorno all’accoglienza di queste persone. Non dobbiamo dimenticare, e il Premio che oggi consegniamo in parte ce lo ricorda, che l’Italia e Lucca furono terre di emigrazione. Furono luoghi che migliaia di persone decisero di lasciare, nella speranza di una vita migliore. Luoghi dai quali sicuramente si partiva con dolore, con il rimpianto per non essere riusciti a trovare a casa i mezzi per dare concretezza ai propri sogni, luoghi che, a distanza di decenni da quella partenza, non sono stati dimenticati dai nostri emigrati. La testimonianza dell’affetto e dell’attaccamento alla propria città natale è data ogni anno, in concomitanza con la festività di Santa Croce, dal ritorno di decine e decine di lucchesi che hanno trovato una nuova casa nel mondo, ma che continuano ad amare Lucca, la loro prima casa.

E oggi, questa celebrazione, che ho voluto collocare proprio nei giorni del rientro di tanti lucchesi in città, è dedicata anche a loro, oltre al premiato. Voglio ringraziare tutti loro a nome del Consiglio comunale, per il fatto di farci essere orgogliosi per il modo in cui hanno saputo affrontare la vita ed affermarsi all’estero. Voi non vi siete dimenticati di Lucca, e Lucca non si è dimenticata di voi.

È bello vedere i seggi dei consiglieri comunali occupati da bambini e ragazzi. Oltre alla consegna del premio ho pensato a un omaggio musicale in onore sia del premiato sia dei lucchesi all’estero presenti qui questa sera. Ringrazio la Scuola di musica “Sinfonia” nella persona del suo presidente, Maurizio Campo, per aver partecipato con entusiasmo alla riuscita di questo evento con l’esibizione, che tra poco ascolteremo, di quaranta giovani musicisti dell’orchestra didattica, diretti da Angela Landi. Ringrazio chiaramente anche loro per essere qui, e per avere ancora un po’ di pazienza prima della loro esibizione. La loro presenza non è legata al solo concerto. Vorrei infatti rendere questa sala, che viene generalmente chiusa e utilizzata essenzialmente per le sedute di consiglio, un luogo aperto cercando di avvicinare l’istituzione consiliare alla cittadinanza. Potevo scegliere un luogo logisticamente più funzionale per le esigenze dell’orchestra. Ma non sarebbe stata la stessa cosa. Questo luogo è pieno di elementi simbolici che lo identificano in maniera inequivocabile quale casa di tutti i cittadini di Lucca: il labaro del Comune, le bandiere, le decorazioni sulle pareti con motti pensati per ispirare l’attività di quanti in questo luogo discutono e prendono delle decisioni per tutta la collettività. Poco più di un mese fa, inoltre, ho fatto esporre anche l’Albo dei sindaci e dei presidenti del Consiglio comunale, su quel pannello sono riassunti 150 anni di storia cittadina, attraverso i nomi di quanti hanno ricoperto le due più importanti cariche istituzionali del Comune.

Essere in questa sala, insomma, oltre a dare maggiore solennità al momento, serve anche, secondo il mio intento, per farla conoscere ai nostri giovani concittadini che tra qualche anno saranno chiamati ad eleggere i loro rappresentanti in seno al Consiglio comunale, o anche divenire essi stessi consiglieri comunali. Cari ragazzi, vorrei che il ricordo di questa giornata restasse indelebile nelle vostre menti per tutta la vita, nella speranza che un giorno sappiate rispettare e difendere le istituzioni democratiche della vostra città. Sicuramente, s proseguirete nella carriera artistica, avrete modo di suonare in tanti teatri e in tanti altri spazi pubblici. Meno frequentemente avrete modo di esibirvi nella sala di un Consiglio comunale, per cui spero che possiate apprezzare ancor di più questa occasione che vi è stata data.

Un ringraziamento particolare a Ilaria Del Bianco, presidente dell’associazione Lucchesi nel Mondo, che ha aderito da subito all’iniziativa, facendo parte della commissione, nella quale erano presenti anche il sottoscritto e Paolo Bottari, per la scelta del bozzetto del premio che poi è stato realizzato in bronzo, e per aver reso possibile l’individuazione delle candidature per il premio.

Ringrazio tutti voi per essere intervenuti a questa celebrazione, augurandovi una buona serata.

Il presidente del Consiglio comunale

Matteo Garzella

Festa del Consiglio comunale: 149° anniversario

Buonasera,

innanzitutto mi preme ringraziare tutti voi, attuali amministratori, ex sindaci, ex presidenti del Consiglio, ex consiglieri comunali, autorità, dipendenti comunali e cittadini, per essere intervenuti questa sera alla celebrazione del 150° anniversario dell’insediamento del primo Consiglio comunale della Città di Lucca. Un saluto particolare intendo rivolgerlo ai familiari dei sindaci scomparsi che hanno accolto il mio invito a partecipare a questo evento.

Il 3 agosto 1865 alle ore 11 del mattino veniva celebrata la prima seduta straordinaria del Consiglio comunale, eletto nelle consultazioni del 15 luglio, alla presenza di 42 su 60 consiglieri assegnati. Presiedeva la seduta Raffaele Lombardi, il consigliere più anziano d’età. Prima di quella data nella nostra città le questioni di carattere pubblico venivano dibattute all’interno di un Consiglio generale – che veniva nominato attraverso un complesso sistema di sorteggio, elezione e cooptazione – cui erano affiancati un Gonfaloniere e un Magistrato dei priori, organi istituiti nel 1849, dopo due anni dall’ingresso del Ducato di Lucca nel Granducato di Toscana.

Nel 1865 il Consiglio svolgeva le proprie adunanze in un’aula posta al primo piano di Palazzo Santini, già sede del Consiglio generale nel periodo granducale. Con l’elezione del primo Consiglio comunale, e il conseguente aumento dei seggi, divenne indispensabile realizzare una nuova e più ampia aula al secondo piano, dove anche oggi ci troviamo. I lavori per la sua realizzazione iniziarono proprio nel 1865 e furono completati nel giro di due anni.

Questa aula deve essere percepita dalla collettività come la casa di tutti i lucchesi. È un luogo simbolico, dotato di una propria sacralità civica, in quanto, essendo sede del Consiglio, è il luogo nel quale ieri come oggi si discute dei problemi collettivi, delle questioni che riguardano l’intera comunità. Mi piace soffermarmi su questo aspetto ogni qual volta accolgo in questa sala consiliare le scolaresche che ci fanno visita, proprio per far comprendere loro l’importanza del luogo nel quale entrano. In questa aula si confrontano oggi, così come avveniva nel passato, coloro che hanno ricevuto dagli elettori l’onore di occuparsi della cosa pubblica.

Questa aula è stata il teatro di pagine determinanti per la nostra storia cittadina, qui si sono succeduti quasi mille consiglieri comunali, qui si sono consumate fratture istituzionali, qui nell’ottocento i nostri concittadini di allora, in un clima di forte contrapposizione tra liberali e clericali, hanno in alcune occasioni contestato i lavori dell’assemblea, qui si sono manifestati, per bocca degli amministratori, i sentimenti di un’intera comunità legate a vicende di carattere nazionale, come recentemente ho ricordato per quanto riguarda l’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra, quando fu addirittura interrotta una seduta consiliare per manifestare con un gesto tangibile l’adesione del Consiglio al diffuso sentimento patriottico favorevole all’intervento militare al fianco delle potenze dell’Intesa.

In questa aula, per volere del Consiglio comunale, è stata consegnata la cittadinanza onoraria, la massima onorificenza che il Comune assegna per particolari motivazioni a cittadini non lucchesi, a Giovanni Pascoli, Giosuè Carducci, Giuseppe Ungaretti, Giovanni Gronchi, Mario Tobino, per citarne alcuni, ma anche a Carlo Scorza e a Benito Mussolini, ed è bene ricordarlo perché la storia cittadina deve essere riscoperta senza omissioni in modo che si rifletta anche sulle pagine amare che l’hanno caratterizzata.

Questa aula il 17 febbraio 1923 fu occupata dai fascisti locali per costringere l’amministrazione a guida popolare alle dimissioni, che di fatto vennero consegnate pochi giorni dopo, e da questa aula il 1° gennaio 1927, in occasione dell’insediamento del primo podestà di Lucca, furono rimossi i banchi dei consiglieri comunali, in modo da simboleggiare la fine della rappresentanza democratica nella nostra città. Il fascismo contestava infatti i principi cardine della democrazia rappresentativa, su cui si reggeva l’elezione del Consiglio comunale, definendo l’«elettoralismo come […] un vecchio e dannoso motivo di affarismi democratici e di turlupinature schedaiole».

Questa aula fu finalmente riconsegnata alla comunità cittadina il 24 aprile 1946 quando fu celebrata, in una commozione generale, la prima seduta consiliare dopo venti anni.

L’introduzione delle assemblee elettive cittadine fu decretata il 20 marzo 1865 con l’approvazione della legge sull’unificazione amministrativa del Regno d’Italia. Una grande innovazione che portò a compimento l’unificazione dello Stato italiano dando a tutti i territori redenti medesime istituzioni amministrative.

Fu un evento quindi che coinvolse tutto il Paese, ma come è costume di noi lucchesi in qualche maniera anche allora ci distinguemmo. Infatti se oggi ci troviamo a celebrare l’anniversario del Consiglio comunale in un mese per noi insolito per svolgere iniziative pubbliche, quando generalmente l’attività consiliare è sospesa, ciò non è dovuto solo al fatto che nell’ottocento probabilmente le ferie estive non erano diffuse come ai nostri giorni, ma anche perché le prime elezioni che si tennero il 21 giugno 1865 furono annullate per irregolarità riscontrate in una sezione elettorale e vennero ripetute il 15 luglio. Solo dopo questa seconda chiamata alle urne fu possibile finalmente ufficializzare la lista dei componenti il primo Consiglio, e celebrare, la seduta di insediamento, che quindi si svolse con qualche settimana di ritardo rispetto al disegno iniziale.

È con una certa emozione che questa sera coordino i lavori di questa inedita assemblea composta, non solo dagli attuali consiglieri, ma anche da coloro che consiglieri sono stati nei decenni passati. Un’iniziativa alla quale pensai il 17 marzo 2011 quando da consigliere comunale presi parte al consiglio celebrativo dell’Unità d’Italia. è in quella circostanza che immaginai, per la prima volta, che sarebbe stato molto significativo ricordare l’inizio dei lavori del Consiglio comunale, sia per questioni legate alla valorizzazione della nostra assemblea che in un così ampio lasso di tempo ha saputo scrivere pagine significative della storia locale, sia per chiudere idealmente quelle celebrazioni incentrate intorno alla fondazione dello stato nazionale italiano.

In questo secolo e mezzo le competenze e il funzionamento del Consiglio comunale sono mutate notevolmente, ma esso resta la principale assise all’interno della quale vengono assunte decisioni strategiche per lo sviluppo del territorio e per le persone che su di esso vivono o lavorano. Non dobbiamo mai dimenticare questo aspetto per sviluppare al massimo le potenzialità dell’assemblea, condividendo, certo, le responsabilità con gli organi esecutivi, ma senza decadere nel ruolo di persone che semplicemente ratificano scelte assunte in altre sedi. Così come non dobbiamo mai dimenticare che i consiglieri sono scelti direttamente dai cittadini e, quali loro rappresentanti, devono svolgere l’importante incarico ad essi assegnato con estrema serietà nell’interesse generale della comunità cittadina.

Spesso di parla di centralità del Consiglio, e nel ruolo di presidente rivendico con forza i fondamentali ruoli di indirizzo e di controllo politico-amministrativo che competono all’assemblea cittadina. Molti dei presenti hanno avuto il potere di eleggere, nel periodo in cui sono stati consiglieri, il sindaco e i componenti la giunta, membri essi stessi del Consiglio. Oggi noi non abbiamo più questa importante competenza, ma ciò non toglie, lo ripeto, che l’ordinamento affida all’assemblea la facoltà di decretare l’approvazione dei principali atti dell’amministrazione.

L’iniziativa di questa sera rientra in un più complesso programma volto a valorizzare il Consiglio, e avvicinare lo stesso alla cittadinanza, che sto portando avanti da quando nel giugno 2012 ho ricevuto dai colleghi consiglieri l’onore di ricoprire la seconda carica amministrativa del Comune. Già l’anno scorso ho promosso l’istituzione della ricorrenza del 3 agosto da celebrare annualmente, proprio per affermare con determinazione l’importanza dell’organo consiliare per la comunità lucchese. Non tanto una festa quanto, piuttosto, un’occasione per favorire una riflessione sulle peculiarità del ruolo assegnato oggi al Consiglio, ricordando chiaramente la lunga storia politico-amministrativa che ci ha preceduto.

È evidente che nel momento storico nel quale viviamo la democrazia rappresentativa, di cui il Consiglio, e più in generale le assemblee elettive ai vari livelli, è il principale istituto, stia attraversando un momento non proprio positivo. Spetta a coloro che sono stati eletti riflettere sulle critiche che giungono dalla società e saper rinnovare i nostri organi, introducendo nuovi contenuti e nuove modalità di relazione, sia all’esterno dell’istituzione tra il Consiglio stesso e i cittadini, sia all’interno del Consiglio fra le sue diverse componenti.

Sul primo aspetto c’è da dire che certamente noi abbiamo ricevuto un mandato dai nostri concittadini, un mandato fra l’altro non imperativo, per cui i rappresentanti eletti conservano un certo grado di discrezionalità nel prendere le proprie decisioni in assenza di un rigoroso legame con la volontà dell’elettorato. Ma è altrettanto vero che la procedura elettiva possa essere integrata proficuamente, senza sostituirla, con forme di maggiore coinvolgimento dei cittadini. Questi ultimi non possono essere chiamati in causa solo ogni cinque anni, quando debbono essere rinnovati gli organi politici del Comune. Sarebbe importante che il Consiglio attivasse, e in parte lo stiamo facendo, innovative forme di partecipazione con i cittadini, attribuendo alla parola partecipazione il significato di “concorso nella formulazione delle decisioni tipicamente riservate ai soli eletti”. Non significa questo che i rappresentanti del popolo debbano cessare di compiere le scelte per le quali sono stati eletti, quanto piuttosto rendere partecipi i cittadini di tali decisioni, dando loro l’opportunità di interagire con gli amministratori prima che il processo decisionale da cui scaturiscono le politiche pubbliche sia concluso.

Al tempo stesso è necessario che i cittadini riconoscano nei consiglieri degli alleati e non degli antagonisti. Devono percepire il Consiglio comunale come un organo del quale in qualche maniera essi stessi fanno parte. Non direttamente, è chiaro, ma attraverso i consiglieri da essi scelti nelle elezioni. La rappresentanza democratica prevede che i cittadini deleghino altri ad occuparsi della cosa pubblica, un’attività non semplice, che viene condotta in nome e per conto dell’intera popolazione. Insomma, i consiglieri comunali sono uomini e donne che, prima di tutto, svolgono un servizio per la propria comunità, e spesso sacrificano la sfera degli affetti privati, e proprio per questo sarebbe necessario che avessero il supporto costante e costruttivo dei cittadini.

Dall’altra parte, noi che facciamo parte del Consiglio, dobbiamo lavorare affinché siano superate forme stereotipate di interazione tra i componenti l’assemblea. I cittadini decretano con i loro suffragi chi deve sedere sui banchi della maggioranza e chi su quelli dell’opposizione, ed è legittimo che tali ruoli siano chiaramente individuati. È altrettanto vero però, dal mio punto di vista, che le divergenze di veduta siano da considerarsi una ricchezza, un principio fondamentale della democrazia. Se questa ricchezza fosse messa a frutto permetterebbe in molte circostanze di prendere scelte migliori, in quanto i problemi collettivi, ai quali le politiche pubbliche intendono dare risposta concreta, possono assumere connotati diversi, a volte inimmaginabili, se analizzati da prospettive diverse.

Un aspetto cui tutti coloro che siedono in un Consiglio devono contrastare è quello di ridurre i dibattiti consiliari, che dovrebbero essere l’elemento più importante dell’attività d’aula e non il voto finale che decreta l’approvazione o meno di una proposta, a dialoghi infruttuosi ai quali i vari partecipanti che intervengono non accettano di ritenere sensate, non dico migliori ma quanto meno valide, le visioni altrui. Un vero servizio per la comunità, credo, sarebbe reso se ci si ascoltasse maggiormente, ammettendo almeno la possibilità che la prospettiva altrui possa essere meritevole di qualche attenzione.

Se è vero che la democrazia rappresentativa è in crisi, dal mio punto di vista, ciò è la conseguenza del fatto che nel corso degli ultimi decenni la stessa democrazia rappresentativa non ha saputo rinnovarsi adeguatamente. Aprendo, in questo modo, le porte alla deriva dell’antipolitica. Una deriva in quanto il populismo non porta alcun contributo alla rigenerazione della nostra società.

Ora, celebrare l’anniversario del Consiglio comunale ha senso solo se può aiutare la collettività e tutti i soggetti coinvolti a ragionare in termini costruttivi sulle strategie adeguate per rilanciare le nostre istituzioni. A partire da stasera vorrei che si avviasse una seria riflessione su questi aspetti.

Sono molte le persone che devo ringraziare per la riuscita di questo importante evento. E lo farò più avanti nel corso della serata. Mi preme però rivolgere da subito il mio più sincero ringraziamento alle persone che lavorano nell’ufficio della Presidenza del Consiglio che in queste ultime settimane si sono veramente prodigate affiancandomi nel curare ogni minimo aspetto organizzativo. Un ringraziamento anche al grafico del Comune che ha realizzato la bella locandina delle celebrazioni, all’ufficio anagrafe che ci ha permesso di reperire gli indirizzi di oltre duecento ex amministratori per contattarli, al personale del centro unico acquisti che ha fatto i salti mortali per espletare le procedure relative all’affidamento dell’incarico per la realizzazione dell’Albo, all’ufficio per le relazioni con il pubblico che ha curato la pubblicazione sul sito del Comune della locandina amplificando la comunicazione riguardante questo evento. Ringrazio anche tutte le persone che collaborano affinché ogni seduta del Consiglio comunale possa svolgersi, oltre a quelle già menzionate del mio ufficio, a coloro che curando le strumentazioni audio e video, al personale addetto alla portineria e al servizio di sala, ai vigili urbani che presenziano ad ogni seduta.

Vorrei anche ringraziare, senza piaggerie, gli operatori della stampa locale che nelle ultime settimane hanno dato ampio risalto sulle proprie testate alla celebrazione di questa sera. Anche loro mi piace considerarli come dei fondamentali alleati della politica, in quanto fanno conoscere alla cittadinanza quello che facciamo in questa aula. Fra l’altro anche stasera ci è stata assicurata la diretta streaming e radiofonica.

Così come mi preme ringraziare Alessandro Sesti per la divertente vignetta di stamani, che anch’essa è servita ad amplificare la comunicazione intorno a questo evento. Fra l’altro un progetto che ho sostenuto con determinazione in questi tre anni ha avuto l’obiettivo di comunicare l’attività del Consiglio attraverso la satira, ritenendo quest’ultima una potente forma di espressione che concorre a portare fuori da Palazzo Santini le decisioni che il Consiglio assume.

Sono molto soddisfatto, infine, che stasera un’altra componente essenziale del Comune, oltre a quella degli amministratori, sia rappresentata: quella dei dipendenti. Nei giorni scorsi ho ad essi trasmesso l’invito a prendere parte alla celebrazione in quanto se è vero che i consiglieri comunali prendono decisioni per l’intera comunità, è anche vero che senza l’impegno e la professionalità degli addetti agli uffici comunali tali decisioni non potrebbero essere rese esecutive.

Grazie di nuovo a tutti voi per aver voluto essere presenti a questa celebrazione.

Il presidente del Consiglio comunale

Matteo Garzella

Centenario della Grande Guerra

Buonasera,

grazie a tutte le persone che hanno voluto prendere parte all’evento “1915-2015 Lucca ricorda”, realizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e dal Comune di Lucca.

Il 24 maggio non è una data come tante. Il 24 maggio di cento anni fa l’Italia faceva il proprio ingresso nella Grande Guerra. I giorni che precedettero l’intervento dell’Italia furono caratterizzati dalla contrapposizione tra neutralisti e interventisti. I primi si opponevano all’ingresso in guerra dell’Italia per l’adesione a sentimenti pacifisti, per generiche simpatie nei confronti degli imperi centrali e perché credevano che l’Italia potesse ottenere significativi compensi territoriali anche senza entrare in guerra. Tra gli interventisti vi erano coloro che vedevano nella guerra contro l’Austria la possibilità di compiere definitivamente l’unificazione nazionale conquistando le terre irredente di Trento e di Trieste, coloro che si dicevano solidali per il Belgio invaso, coloro che infine si ponevano a difesa dei principi liberali e civili i quali sarebbero trionfati con la vittoria della Francia e dell’Inghilterra.

Non è mia intenzione ripercorrere nei dettagli la storia dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra, ma vorrei far rivivere il clima che anche nella nostra città si respirava in quei giorni di maggio 1915. Mi affiderò dunque alle parole che furono pronunciate nel Consiglio Comunale di Lucca in quei giorni.

C’è da premettere che nei mesi che seguirono lo scoppio della guerra il Governo Salandra, e soprattutto il ministro Sonnino, aveva tessuto una tela diplomatica volta ad avvicinare l’Italia alle potenze dell’Intesa. A tale iniziativa era contrario, fra gli altri, Giolitti che controllava ancora un buon numero di parlamentari. Lo scontro tra le due posizioni si accese ai primi di maggio del 1915 e il 13 maggio l’intero Governo dette le dimissioni, che però vennero respinte il 16 dal re Vittorio Emanuele III.

Il 19 maggio nel Consiglio Comunale tiene banco la notizia della riconferma dell’incarico a Salandra, che significava la convalida del percorso diplomatico che aveva avvicinato il nostro paese alle potenze dell’Intesa. Nei giorni precedenti il sindaco Massimo Del Carlo aveva espresso il suo compiacimento per la riconferma del Governo Salandra, inviando un telegramma allo stesso presidente del Consiglio dei Ministri. Bene, nella seduta consiliare del 19 maggio il consigliere Roberto Pieri chiede che tutta l’assemblea si associasse al gesto compiuto dal sindaco, esprimendo un «voto patriottico per i nuovi destini d’Italia». L’invito è raccolto dal consigliere Umberto Teghini il quale – cito l’estratto del verbale della seduta – afferma:

che con entusiasmo il Consiglio tutto si assocerà alla proposta del Consigliere Pieri nel cui animo vibrano in quest’istante i fremiti e i sentimenti del vecchio soldato. Il paese […] sta per addentrarsi nel più grande periodo storico della sua ricostituita esistenza, e gli italiani con fervida fede e salda unità di consensi ne seguono le sorti auspicandone la vittoria. Vada il nostro saluto augurale al Re che sulle orme gloriose dei suoi Avi sta per innalzare il vessillo della Patria su altre terre e su altri lidi di questa nostra Italia al di là del mare nostro; e vada pure un saluto ad augurio a S. E. Salandra che con ferma mano seppe in questo difficile momento della vita nazionale reggere il timone della nave dello Stato. Splenda sul glorioso avvenire d’Italia […] la fatidica stella che guidò i nostri padri nell’opera di redenzione.

La seduta consiliare, dopo applausi al discorso pronunciato dal consigliere Teghini, termina su proposta dell’assessore Luigi Trebiliani «per manifestare» – cito nuovamente il verbale della seduta – «in modo solenne l’adesione della Rappresentanza [del] Comune al plebiscito di favore e di patriottismo che erompe in un solo grido da ogni parte della Nazione».

Nei giorni seguenti, il 20 maggio la Camera conferisce al Governo poteri straordinari in caso di guerra, il 23 maggio l’Italia dichiara guerra all’Austria e il 24 maggio le truppe italiane varcano la linea del fronte. Nella seduta consiliare del 26 maggio l’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra viene salutato con entusiasmo dal sindaco Del Carlo che pronuncia il seguente discorso:

In questo momento solenne per la Patria, in cui l’esercito e l’armata combattono vittoriosi per l’onore e la grandezza d’Italia, vada loro il nostro saluto augurale colla più fervida fede che nuove glorie e nuovi allori conquisteranno sulle nostre terre irredente, liberandole dall’odiato giogo straniero.

Questo è il modo in cui l’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra venne accolto dalla massima assise cittadina. L’entusiasmo manifestato dei rappresentanti della città di Lucca in Consiglio Comunale era lo stesso che circolava nell’intera penisola. Un entusiasmo che però ben presto cedette il posto alla disillusione, quando cominciarono a giungere le notizie che descrivevano la durezza della vita dei soldati al fronte.

L’evento di stasera è stato pensato per ricordare quanti persero la vita sui campi di battaglia e soprattutto per esprimere la riconoscenza della città ai lucchesi che partirono per il fronte, alcuni dei quali – 816 per l’esattezza – caddero nelle operazioni militari.

La tragedia della guerra varrà indagata e raccontata attraverso i versi di un figlio di Lucca, soldato e poeta: Giuseppe Ungaretti. La testimonianza più viva e diretta del primo conflitto mondiale: i suoi versi, infatti, hanno fissato nella mente di generazioni di italiani, in maniera incisiva, a volte violenta, immagini concrete della vita di trincea, contribuendo a determinare uno specifico immaginario collettivo, ancora oggi patrimonio culturale del nostro paese. Lo spettacolo varrà condotto dal professor Umberto Sereni, al quale cederò subito la parola, che traccerà i vari punti del percorso poetico di Ungaretti, soffermandosi sull’analisi e sulla contestualizzazione dei componimenti nati sul fronte. L’attore Eros Pagni, invece, presterà la sua voce e la sua presenza scenica per interpretare, dare corpo e movimento, ai versi del poeta. La serata sarà poi arricchita dalla proiezione di un video curato da Antonio Nardone con la consulenza di Vittorio Biondi, mentre il coro della scuola primaria di Vallebuia, diretto da Carla Nolledi, eseguirà alcuni canti patriottici, affidando l’interpretazione ai suoi piccoli studenti. Mi preme sottolineare come l’apporto dato dai bambini a questo evento debba essere ritenuto di particolare importanza per non disperdere la memoria della Grande Guerra.

Buona serata a tutti.

Il Presidente del Consiglio Comunale

Matteo Garzella

Consiglio comunale congiunto con il CCRR

Signor sindaco, signori consiglieri comunali, cari consiglieri del CCRR, autorità, apro ufficialmente, con questo intervento a nome del Consiglio Comunale che rappresento, i lavori di questa seduta consiliare.

Ci ritroviamo dopo una anno in questo auditorium per svolgere l’ormai consueta seduta congiunta del Consiglio comunale e del Consiglio comunale dei ragazzi e delle ragazze. Anche l’anno scorso tale seduta si è svolta il 20 novembre – Giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – e, analogamente, dopo il Consiglio comunale seguirà la cerimonia di conferimento della cittadinanza simbolica a bambini di nazionalità straniera residenti sul territorio comunale.

Sono ormai trascorsi due anni dall’elezione dei componenti del CCRR

Questa seduta della assemblea elettiva cittadina è particolare in quanto vi partecipano oltre ai componenti del Consiglio Comunale anche i componenti del Consiglio Comunale dei ragazzi e delle ragazze. La convocazione di una seduta congiunta dei due organismi collegiali è stata fatta secondo quanto prescritto dallo Statuto del CCRR, modificato dal Consiglio Comunale lo scorso anno, che prevede appunto una riunione di questo tipo il 20 novembre di ogni anno. Diverrà quindi un appuntamento fisso incentrato sull’ascolto e sul confronto tra il Consiglio Comunale e i giovani consiglieri facenti parte del CCRR.

Il nostro intento infatti è quello di portare all’interno del processo decisionale amministrativo le indicazioni dei nostri giovani concittadini. Pensiamo infatti che alcune questioni generalmente affidate all’analisi del Consiglio comunale, possano trovare un esito migliore, e quindi sfociare in decisioni più efficaci, se tali problematiche sono osservate con lo sguardo dei più giovani, specie sulle materie di cui sono destinatari e protagonisti.

Il CCRR è pertanto un organismo concreto ed effettivo e non rappresenta un’esperienza di carattere simbolico e fine a se stessa. Rivolgendomi quindi ai giovani consiglieri vorrei dire loro che il lavoro che svolgono da quando sono stati eletti nella scorsa primavera e che li vedrà impegnati in attività fino al cessare del mandato, ha per noi, che rappresentiamo la comunità cittadina nel Consiglio comunale, una valenza fondamentale proprio perché vogliamo dare concretezza alle sollecitazioni e alle proposte che ci perverranno.

Tra poco, dopo gli interventi del sindaco e dell’assessore alle politiche giovanili, ascolteremo con attenzione le prime indicazioni operative elaborate in questi mesi nell’ambito delle riunioni del CCRR. Ci impegniamo da subito a valutarle con la serietà che meritano e a trasmettere ai nostri piccoli consiglieri un riscontro puntuale su quanto proposto. Ciò non significa che tutto ciò che verrà suggerito potrà essere realizzato, ma vi assicuro che non cadrà nel vuoto, verrà trasmesso alle commissioni competenti e troverà una risposta che conterrà le motivazioni dell’accoglimento o, in caso contrario, del diniego. Anche la risposta del Consiglio Comunale, infatti, ha un grande valore perché dimostra attenzione nei confronti di un’assemblea che rappresenta a tutti gli effetti un organismo del Comune, seppur la sua costituzione non sia prescritta dalla legge ma è scaturita da una libera scelta del Consiglio Comunale.

Oggi però non verranno solamente raccolte le proposte autonomamente elaborate, ma conferiremo ufficialmente due tematiche sulle quali il Consiglio Comunale intende ottenere un parere da parte del CCRR. Secondo quanto previsto dallo Statuto del CCRR, entro il mese di gennaio di ogni anno il Consiglio Comunale deve approvare una delibera contenente uno o più temi da sottoporre ai nostri piccoli rappresentanti. Proprio ieri sera, dopo una riflessione che ha coinvolto i componenti delle Commissioni consiliari Istruzione e Partecipazione, che ringrazio, il Consiglio ha stabilito che le tematiche per l’anno 2013/2014 saranno:

  1. ricognizione sugli spazi di aggregazione e di gioco
  2. funzionamento delle mense scolastiche e alimentazione

Consegno pertanto in modo ufficiale al presidente del CCRR la proposta di delibera che abbiamo approvato ieri, augurando buon lavoro e dandoci appuntamento tra qualche mese per raccogliere gli esiti della loro attività.

Il presidente del Consiglio Comunale